Il restauro virtuale in archeologia

restauro virtuale archeologia"Il restauro virtuale in archeologia" di Massimo Limoncelli è un manuale, una sorta di guida che passo dopo passo vuole condurre il lettore ad una corretta comprensione e applicazione del restauro virtuale.

Tale volume è rivolto agli studenti di Scienze dei Beni Culturali, Scienze Archeologiche e Restauro, già pratichi di software di fotoritocco, di rilievo digitale e di modellazione 2D e 3D, che vogliono capire quali sono le reali possibilità che il restauro virtuale può offrire allo studio, alla conoscenza e alla divulgazione dei beni culturali.

Il libro è diviso essenzialmente in tre parti: nella prima sezione introduttiva l’autore si cimenta nella spiegazione del concetto di realtà virtuale, mentre nella seconda e nella terza illustra nello specifico il restauro virtuale 2D e 3D ed i suoi campi di applicazione nell’ambito dei beni culturali, archeologici ed architettonici. 

Il restauro virtuale che nasce a metà degli anni Novanta del secolo scorso è una disciplina che si occupa della diagnostica, della progettazione, della verifica e delle ipotesi ricostruttive di beni culturali, archeologici ed architettonici. In ambito archeologico il restauro virtuale permette di creare ipotesi ricostruttive sul reperto senza ricorrere a interventi non reversibili sull’originale.

Poiché non è sempre possibile ricorrere al restauro a causa di alcuni motivi come quelli legati allo stato dell’opera, alla sua collocazione o anche per fattori economici, il restauro virtuale si propone come un’ottima alternativa a quello reale. Infatti nel restauro virtuale si lavora su un modello tridimensionale tentando più volte e in diverse modalità di trovare la soluzione più consona all’opera su cui si sta lavorando, senza creare danni reali al manufatto.

Il restauro virtuale non viene applicato solo per effettuare studi e ricerche, ma anche per divulgare al grande pubblico, con questo scopo da poco tempo è nata la Virtual Archaeology.

Nel suo manuale Massimo Limoncelli ci spiega che “la Virtual Archaeology nasce con un ruolo didattico-divulgativo come ricostruzioni di monumenti, città, e territori con l’obiettivo di comunicare il patrimonio culturale antico in modo efficace, rapido e ripetibile mediante informazioni su aree, ambienti, oggetti ancora esistenti ma indisponibili, o scomparsi, inserendoli all’interno dei propri contesti di riferimento, al fine di consentire una corretta lettura del passato, utilizzando strumenti di fruizione immediata per il grande pubblico.” Mentre scopo del restauro virtuale è “lo studio ricostruttivo dei manufatti secondo principi, metodi e tecniche derivati dal restauro reale”, inoltre: “Il restauro virtuale non si occupa di ricostruire contesti paesaggistici e ambientali che, invece, rientrano negli ambiti della Virtual Archaeology.”

L’archeologia virtuale ha un forte impatto sul grande pubblico e sta man mano prendendo piede nei musei italiani, perché è capace di far rivivere all’utente situazioni come fossero reali e di far provare forti emozioni attraverso sistemi di visualizzazione immersivi dati dalla realtà aumentata.

Il restauro virtuale si divide in 2D e in 3D: il primo è fondato sull’immagine digitale ed è applicabile alle pitture murarie, su tela e legno, ai mosaici ed ai materiali librari, questi sono interventi che hanno lo scopo di conoscere meglio l’opera in questione e di migliorarne la leggibilità attraverso una restituzione bidimensionale con un’immagine digitale; mentre il secondo consiste nell’elaborazione di un modello tridimensionale ed è rivolto ad architetture, sculture, stucchi manufatti fittili o mobili.

Grazie al restauro virtuale in 2D, applicato ad esempio ai manufatti pittorici, a prescindere dal supporto o dalla tecnica di pittura utilizzata in antico, si può intervenire sulle lacune e sulle mancanze cercando di riportare le opere alla loro unità formale. Si possono realizzare ricostruzioni plastiche delle sezioni mancanti sui dipinti su tavola, per gli affreschi ed i mosaici si possono simulare ricomposizioni dei dipinti murari ed è anche possibile riunire le assi dei dipinti su tavola

Nel restauro in 3D in particolar modo per la scultura e l’architettura si utilizzano modelli digitali per ricreare e simulare gli oggetti in scala 1:1 all’interno di un sistema di assi cartesiani. Applicato all’architettura il restauro virtuale 3D può offrire grandi risultati. Ad esempio in ambito archeologico il più delle volte gli antichi edifici sono ridotti a ruderi, grazie alla creazione di un modello virtuale è invece possibile ricostruire i volumi degli edifici, gli ambienti interni e gli spazi percorribili. Il restauro virtuale applicato all’architettura è il campo di applicazione più complesso perché si va ad intervenire su affreschi, decorazioni architettoniche o sui mosaici che facevano parte della struttura in antico, senza curare questi particolari non si può ricreare l’edificio nella sua totalità. 

Sono tanti gli esempi di restauro virtuale che l’autore riporta come quello effettuato sugli affreschi della Basilica Superiore di Assisi. Come ben sappiamo, la Basilica fu colpita, come molti altri edifici della cittadina umbra, dal terremoto del 1997. Il sisma provocò il crollo delle volte a vela del soffitto e solo grazie al lavoro sinergico di storici dell’arte, restauratori, ingegneri e matematici aiutati dalle tecnologie informatiche fu possibile effettuare varie ipotesi di riassemblaggio virtuale dei frammenti delle volte, ipotesi che furono di grande aiuto ai restauratori negli interventi reali.

Molti altri esempi di interventi di restauro virtuale sono affrontati in questo volume insieme ad altri interessanti argomenti riguardanti il restauro in generale, un libro che a mio parere può essere letto anche da chi non ha molta dimestichezza con i programmi di computer grafica, perchè Il restauro virtuale in archeologia presenta un linguaggio semplice e chiaro, rivolto proprio a chi vuole addentrarsi in una nuova realtà. 

 

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