Nel numero 4, dicembre 2022, di Archeomatica, è stato pubblicato l’articolo di Fabio Crosilla dal titolo “Could Egeria have seen the “Parthenion Sea” from the top of Mount Sinai?” In esso, l’autore ha affrontato in modo scientificamente rigoroso un'analisi di visibilità dalla cima del Monte Sinai salito da Egeria, pellegrina spagnola del IV sec. d.C.
L’idea di verificare scientificamente la visibilità dalla cima del Monte Sinai è maturata in occasione del seminario dal titolo “La proposta dell’Esodo Biblico di Emmanuel Anati alla luce della pubblicazione dell’Ennateuco (Gen-2Re) nella lingua sacra del Santuario di Gerusalemme (V-III sec. a.C.)”, organizzato a Novara il 22 settembre 2022 dalla locale associazione culturale Nuova Regaldi ETS. In tale occasione sorse una discussione circa la cima effettivamente salita da Egeria, così come risulta dal suo libro “Diario di Viaggio” scritto successivamente alla sua visita ai luoghi della Terra Santa. Le due ipotesi contrapposte erano il monte Gebel Musa, nel Sud della Penisola del Sinai, anche noto come Monte Sinai dei Bizantini, e il monte Har Karkom, nel deserto del Negev, indicato dal prof. Emmanuel Anati quale possibile Monte Sinai a seguito dei ritrovamenti archeologici, che sono il risultato della sua lunga attività di ricerca.
Mediante una rigorosa analisi di visibilità, condotta applicando il plug-in “Viewshed analysis” della Geo Guru, disponibile in QGIS 3, utilizzando un modello digitale delle altezze con passo 50 m per la Penisola del Sinai, fornito dalla statunitense NASA, è stato possibile dimostrare che Egeria, con elevata probabilità, salì il Gebel Musa e non il monte Har Karkom. Egeria scrive nel suo diario che dalla cima del monte era possibile vedere “l’Egitto, la Palestina, il Mar Rosso, il mare di Partenio (Mediterraneo) fino ad Alessandria, e anche l’immenso territorio dei Saraceni”.
Escludendo il Mare di Partenio, per ovvi motivi dovuti alla curvatura terrestre, la visibilità degli altri luoghi indicati è confermata dall’analisi condotta al calcolatore. La fig. 1 mostra il risultato dell’analisi dalla cima del Gebel Musa. Completamente diversa, rispetto a quanto riportato da Egeria, risulta invece l’analisi di visibilità da Har Karkom (a tal riguardo si osservi la fig. 2). In entrambe le figure sono indicate in rosso le zone che dall’analisi risultano visibili dalle due cime.
Solo recentemente è stato possibile visionare il libro “I tesori del Monastero di Santa Caterina”, fotografie a cura di Araldo De Luca, testi di Corinna Rossi, edito dalla White Star nel 2006. Il libro riporta, fra l’altro, una splendida immagine acquisita dalla cima del Gebel Musa dal fotografo Antonio Attini, da cui è possibile vedere il panorama che si estende verso Nord Ovest in una limpidissima giornata. Sull’immagine si può scorgere in alto a destra una parte del Golfo di Suez e la costa egiziana (si veda la Fig. 3 e un particolare dell’immagine in Fig. 4), confermando così quanto specificamente riportato nel Diario di Egeria.
Questo risultato, che potrebbe sembrare pleonastico per alcuni lettori, è in realtà molto importante perché conferma innanzitutto l’affidabilità del software GIS utilizzato e l’accuratezza del modello digitale reso disponibile dalla NASA. Inoltre il risultato consente di porre fine alle polemiche di taluni che, avendo salito il Gebel Musa in condizioni meteorologiche normali e constatato la limitata visibilità dalla cima, dubitavano che l’analisi di visibilità al calcolatore potesse fornire un risultato verosimile, come in effetti è stato.
A cura di Fabio Crosilla, Università Udine. L'immagine di introduzione mostra il Monastero di Santa Caterina al Sinai, la foto è stata acquisita dall'autore.