Nuovi approcci scientifici per datare l'arte rupestre australiana

Bradshaw rock paintings
Bradshaw rock paintings in the Kimberley region of Western Australia, taken at a site off Kalumburu Road near the King Edward River

Il Kimberley una delle nove regioni dell’Australia occidentale, remota ed estesa più della Germania, un clima monsonico tropicale. Una sterminata area rupestre, pressoché disabitata, costellata da decine di migliaia di dipinti sulle pareti rocciose e i ripari. Fu una delle prime zone dell'Australia in cui approdarono e si insediarono gli esseri umani, provenienti dall'odierna Indonesia circa 40.000 anni fa. Il primo europeo a esplorare la regione fu Alexander Forrest nel 1879, dopo di lui i cercatori d’oro e gli allevatori. Un terzo degli abitanti odierni sono tuttora di origine aborigena.

Tantissimi gli stili e i motivi di quest'arte rupestre che si avvicendano nel tempo in una serie di fasi iconografiche sulle rocce risalendo dai giorni nostri sino al Pleistocene e forse ancora prima. Uno di questi stili, dai motivi antropomorfi, denominato dai ricercatori che se ne sono occupati Gwion raffigura uomini e donne con abiti elaborati, copricapi, boomerang, lance, sacche e ornamenti di vario tipo. Un problema non solamente iconografico ma soprattutto cronologico per gli archeologi che lo devono ancorare a un'età. A quando risalgono? Gli aborigeni odierni le attribuiscono genericamente ai loro "vecchi". Datare incisioni e pitture rupestri costituisce come è noto un problema scientifico rimasto sinora in gran parte irrisolto, in particolare laddove dove i pigmenti non contengono più materiale organico originale: Le datazioni che ne scaturiscono possono essere poi facilmente contestate. La questione ha impegnato studiosi australiani negli ultimi 40 anni con controversie che hanno fatto risalire lo stile Gwion sino al medio Olocene, o viceversa negato tale possibilità.

Ora nuovi approcci che hanno consentito di reperire a loro volta nuovi dati provengono dalle nuove tecniche messe a punto per risolvere il problema dal geoarcheologo Damien Finch dell'Università di Melbourne con gli altri componenti di un team di ricercatori (Andrew Gleadow, Janet Hergt, Vladimir A. Levchenko, Pauline Heaney Peter Veth , Sam Harper, Sven Ouzman, Cecilia Myers, Helen Green) che ha indirizzato le ricerche, pubblicate  sul numero di febbraio 2020 di Science Advances, sui resti di nidi di vespe vasaie o del fango che si incontrano diffusamente sulle parete di roccia arenaria. In alcuni casi i pigmenti rossi delle figure di Gwion sono infatti dipinti proprio sopra i resti di antichi nidi di vespe. 

Un nido costruito sopra un dipinto è probabilmente più giovane del dipinto, ma un nido coperto di pigmento è probabilmente più vecchio del dipinto.  Rispettivamente dunque un terminus ante quem e un terminus post quem. Quando le vespe raccolgono materiali per costruire i loro nidi spesso includono microscopici resti di carboni di antichi incendi e ciò ha permesso agli archeologi di usare così con successo il radiocarbonio per la datazione. Non una novità certamente la datazione al radiocarbonio, già usata per lo stesso problema nella regione di Kimberley nel 1997, ma nuovo è il metodo sviluppato  dal team, completamente descritto lo scorso anno da Damien Finch e altri su Quaternary Geochronology (Andrew Gleadowa , Janet Hergta , Vladimir A. Levchenkob , David Fink). Questo metodo si basa sull’identificazione di possibili fonti di contaminazione da carbonio nell’ambiente dei ripari rocciosi del Kimberley e su alcuni metodi e tecniche di pretrattamento fisico e chimico per rimuoverli, la cui gamma è però limitata essendo vincolanti le piccole dimensioni dei campione e le basse concentrazioni di carbonio. Comunque anche tenendo conto delle incertezze intrinseche il metodo si è rivelato in grado di produrre stime di età affidabili per l'arte rupestre e altre situazioni  di interesse archeologico in ambienti rocciosi relativamente aperti.

Altre analisi nel caso degli ambienti rupestri del Kimberley non sono possibili: l'ocra rossa che costituisce il pigmento è costituita infatti da ematite minerale di ossido di ferro o vasosite, quindi non contiene carbonio e la tecnica radiometrica maggiormente utilizzata, in ambienti rupestri ovvero il metodo 230Th/234U, basato sulle caratteristiche della serie radioattiva dell’uranio, non è possibile non trattandosi di grotte calcaree in cui per l’azione delle acque piccole quantità di U possono precipitare con il carbonato di calcio. Si tratta infatti di litologie arenacee.

In un sito del Kimberley la datazione al radiocarbonio di questi nidi ha suggerito che la pittura risalga a  11.300-13.000 anni ma le domande irrisolte sono ancora molte. Una per tutte:  quanto è durato lo stile Gwion? Il team dell'Università di Melbourne è riuscito a rispondere con un paziente lavoro di combinazione e di analisi statistica probabilistica riguardante 21 pitture fornendo una proposta, per il periodo di massimo splendore della pittura di Gwion,  di mille anni  circa tra 11.520 e 12.680 anni fa, durante la fase finale del Pleistocene. La datazione al radiocarbonio si basa sulla misurazione dell'isotopo radioattivo, sul carbonio 14 e il decadimento radioattivo è un processo casuale a livello atomico, quindi qualsiasi misurazione 14C dipende dal comportamento statistico di tutti gli atomi 14C presenti. Quindi è possibile, ma molto è improbabile che un campione di qualcosa che ha 12.000 anni, una volta misurato, produca un risultato che che possa essere significativamente diverso dai 12.000 anni indicati.

Altri anni di lavoro attendono certamente Finch e gli altri componenti del team  per chiarire altre numerose questioni sull'arte rupestre degli aborigeni nella Terra Australis Incognita.

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