Nuova luce sulla storia genetica della Sardegna

Nuova luce sulla storia genetica della Sardegna

Nuovi importanti dati sulla storia evolutiva della popolazione sarda durante gli ultimi 6.000 anni, dal Neolitico Medio fino al Medioevo, sono emersi attraverso lo studio del DNA estratto dai resti ossei  di 70 individui rinvenuti in 21 siti archeologici dell’isola e la loro messa a confronto confronto con i dati genetici della popolazione attuale.

Un contributo di rilievo al nuovo quadro ricostruttivo che si sta definendo in ambito scientifico sulle migrazioni dall'Africa, dall'Asia e dall'Europa in età preistorica e antica con dinamiche e tempistiche diverse e per molti versi del tutto ignote per ciascuna delle grandi isole del Mediterraneo,Sicilia, Sardegna e isole Baleari.

La ricerca pubblicata sul numero di febbraio 2020 della rivista Nature Communications  è stata condotta e da un team internazionale di ricercatori coordinati dai professori Francesco Cucca (Genetica medica Università di Sassari e Istituto di ricerca genetica e biomedica Cnr-Irgb), Johannes Krause (Max Planck Institute di Jena) e John Novembre (Chicago University).

Non solamente però uno squarcio sul passato più remoto della Sardegna ma grazie allo studio delle varianti del DNA la ricerca apporta nuova comprensione alla funzione dei geni e conseguentemente  dei malfunzionamenti alla base di malattie genetiche come la sclerosi multipla e il diabete di tipo 1, che hanno tra le più alte frequenze al mondo in Sardegna.

La Sardegna è stata di particolare interesse per i genetisti per decenni proprio a causa della sua importanza per la genetica medica ma un nuovo impulso è stato certamente dato dai progressi tecnologici degli ultimissimi anni. Progressi che hanno rivoluzionato lo studio del DNA antico grazie alla possibilità recentissima di sequenziare e analizzare frammenti antico anche corti e degradati, soprattutto da campioni provenienti dalla rocca petrosa nell'osso temporale che risultano in genere meglio preservati anche in regioni a clima subtropicale-temperato come la Sardegna. Studi sino a oggi preclusi se non in campioni eccezionalmente preservati come quelli rinvenuti nei ghiacciai o nel permafrost.

Studi pionieristici hanno dimostrato che la Sardegna è un isolato genetico con una complessa storia demografica ma rimane una riserva di varianti antiche presenti fin dai primi insediamenti risalenti a linee di ascendenza proto-europea, attualmente molto rare nell'Europa continentale. Il 56-62% dei sardi di oggi ha una considerevole continuità genetica con i progenitori ancestrali. A loro volta i primi sardi mostrano una forte affinità con le popolazioni dei siti neolitici (tra 10.000 e 7.000 anni fa) e pre-neolitici (oltre 10.000 anni fa) dell'Europa continentale. Lo studio conferma che queste somiglianze sono più marcate nelle aree storicamente più isolate quali l'Ogliastra e la Barbagia. Dopo un lungo periodo di continuità genetica  attraverso il periodo nuragico (secondo millennio a.C.) dal primo millennio a.C. si iniziano a cogliere a partire da individui provenienti da siti fenicio-punici segnali di mescolanza con fonti principalmente dal Mediterraneo orientale e settentrionale. Ben presto a Sardegna emerge come crocevia per importanti movimenti e mescolanza di persone, attraverso le relazioni dei secoli successivi con fenici per l'appunto (arrivati dall'attuale Libano), Cartaginesi fino ai Romani e alle altre genti arrivate dall'Italia continentale e dalla Spagna durante il Medioevo..

I campioni archeologici utilizzati nel progetto provengono da un'ampia base di campioni da diverse collezioni: un sottoinsieme precedentemente utilizzato nelle analisi isotopiche per ricostruire l’alimentazione e i suoi cambiamenti nella Sardegna preistorica, un secondo dal Progetto Seulo (Medio Neolitico alla tarda età del bronzo), un terzo da una coppia di siti neolitici (Noedalle) e un quarto da siti post-nuragici che vanno dall’epoca fenicia a quella romana sino al medioevo.

Lo screening e il sequenziamento dell'antico DNA (aDNA) è stato implementato in strutture dedicate presso il Laboratorio Paleogenetico del Università di Tubinga e presso il Dipartimento di Archeogenetica del Max Istituto Planck per la scienza della storia umana a Jena mentre per quattro campioni del Progetto Seulo il DNAè stato  isolato al Centro australiano per DNA antico mentre cattura e sequenziamento sono stati eseguiti nel Reich lab presso l'Università di Harvard.

I diversi elementi dello scheletro sono stati campionati utilizzando un trapano odontoiatrico per produrre la polvere necessaria per l’estrazione del Dna che è stata eseguita seguendo il protocollo aDNA stabilito da (Dabney et al. 2013) che per trattenere le molecole di acido nucleico utilizza la guanidina idrocloride e colonnine che immobilizzano la silica su filtri. E' stata utilizzato l'Illumina Genome Analyser, la piattaforma oggi prevalente per l’analisi dell’aDNA,  I molti aspetti del complesso e innovativo procedimento sono  descritti nell'articolo.

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