Anastilosi con la Stampa 3D. Il caso dell'antiche rovine di Tiwanaku, Bolivia

Anastilosi con la Stampa 3D. Il caso dell'antiche rovine di Tiwanaku, Bolivia
Crediti immagine: Alexei Vranich

La ricostruzione architettonica di un bene distrutto da catastrofi naturali, dall'uomo o dall'erosione degli agenti atmosferici, richiede capacità complesse ed un intenso studio studio filologico della rovina da restaurare/ricostruire.

Nonostante siamo nell'era digitale, periodo in cui una fotocamera è a portata di tutti, in ogni momento e più o meno in ogni luogo del pianeta; nonostante esistano milioni di immagini di rovine sul suolo terrestre, non sempre si dispone di una documentazione sufficiente per poterle ricostruire, anzi - ad eccezione della cultura classica, per la quale spesso e volentieri la documentazione abbonda - se si vuole affrontare anche solo una ricostruzione virtuale di un monumento (ad esempio una architettura islamica, centro-asiatica o precolombiana) è possibile che il materiale a nostra disposizione non consenta di effettuare una ricostruzione fedele all'originale. Bisognerà, quindi, cominciare una ricerca di ore giorni settimane per recuperare tutta la documentazione relativa al periodo cui si è interessati, e successivamente, studiare, analizzare e confrontare ogni monumento osservare le analogie tra quest'ultimi dal punto di vista storico-geografico. Ma non sempre questa ricerca porterà a risultati soddisfacenti. Ed ecco, allora, che entra in gioco la tecnologia e la necessità di sperimentare nuove possibilità, combinazioni, metodi.

L'anastilosi digitale (che precede la stampa 3D) è utile anche per realizzare diverse ipotesi di ricostruzione, osservare quanto si sta facendo e per ottimizzare i tempi di lavoro. Solitamente questo metodo segue un processo lineare ben preciso, che può essere riassunto così: analisi filologica --> anastilosi digitale ---> stampa 3D (realizzazione copia fisica) ---> assemblaggio delle parti. Ma, come si è detto, non sempre si raggiungono risultati soddisfacenti. E allora bisogna stravolgere tutto, invertire le parti e provare combinazioni diverse, proprio come in un puzzle. Ed è questo il caso dell'antiche rovine di Tiwanaku, Bolivia.

L'autore dell'articolo "Reconstructing ancient architecture at Tiwanaku, Bolivia: the potential and promise of 3D printing", pubblicato su Heritage Science, 2018, 6:65 lo scorso 13 novembre, presenta un uso piuttosto insolito della stampa 3D, ma con grandi potenzialità. 

Le rovine di Tiwanaku
Le rovine di Tiwanaku (500-950 d.C.), nella moderna repubblica della Bolivia, presentano una sfida archeologica a causa degli intensi saccheggi durante il periodo coloniale che hanno effettivamente demolito il sito. Un edificio in particolare, noto come Pumapunku, fu descritto dai conquistatori e viaggiatori spagnoli del XVI e XVII secolo, come un edificio meraviglioso, anche se incompiuto, con porte e finestre scolpite da singoli blocchi. Ineguagliabile nel Nuovo Mondo precolombiano, questo periodo è stato a lungo considerato l'apogeo architettonico della tecnologia litica precolombiana andina. Sfortunatamente, durante gli ultimi 500 anni, i cacciatori di tesori hanno saccheggiato questo edificio al punto che nessuno dei 150 blocchi dell'architettura si trovano nella loro posizione originale. Nel corso dell'ultimo secolo e mezzo, diversi studiosi hanno misurato attentamente l'architettura distrutta e sono persino riusciti a unire diversi frammenti per formare pezzi completi.

Una solida forma 3D
Questa ricerca ha rivisitato le note storiche al fine di trasformare un secolo e mezzo di documentazione in una solida forma 3D. Le misurazioni sono state inserite manualmente in un programma di modellazione architettonica; la forma virtuale è stata successivamente stampata in forma 3D al 4% in scala ridotta. A differenza dei grandi pezzi architettonici - o delle note o dei modelli sullo schermo di un computer - i pezzi stampati in 3D possono essere manipolati rapidamente e intuitivamente, consentendo ai ricercatori di provare combinazioni e cercare connessioni rapidamente, capovolgere pezzi e testare possibili adattamenti. Questo coinvolgimento tattile, insieme alla capacità di provare rapidamente le combinazioni dei pezzi stampati in 3D, ha portato a intuizioni fresche e spesso inaspettate. Una volta perfezionata e semplificata, questa metodologia è stata dimostrata ai gestori di siti indigeni a cui è stata fornita una copia completa dei frammenti architettonici stampati al fine di continuare la ricerca e presentare il lavoro a visitatori, parti interessate e altri studiosi.

L'articolo completo è disponibile in open acces secondo i dettami della licenza CC 4.0 

Fonte: Heritage Science

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