‘Hermes- Thoth e Dioniso redentore’ è un libro che si vorrebbe leggere, ma anche che si vorrebbe scrivere se non fosse già edito dall’«Erma» di Bretschneider, l’editore romano che ha la più lunga tradizione scientifica in fatto di archeologia. Bisogna dire subito che non è solo un trattato di archeologia, ma è anche un’avvincente memoria, ad opera di Eugenio La Rocca, del fondersi di più filosofie, storie, religioni, mitologie nel bacino del Mediterraneo con un approccio semantico.
Ne risulta chiaro che il polo mediatore sia stato il Regno Macedone, o per meglio dire quello Tolemaico, che ha visto i re Tolomei - per maggiore chiarezza di esposizione trascritti correntemente nel testo Tolemei - fondere Macedonia, Cipro, Cirenaica ed Egitto sotto una sola dinastia, il cui eponimo fu Tolemeo I, protrattasi fino alla conquista romana e alla morte della regina Cleopatra. Regno nel quale era originariamente prevalsa la cultura ellenistica, da Alessandro Magno fino alla fine del IV secolo d. C., nell’età imperiale romana, che rese universali o, come è invalso dire, internazionali la storia, il diritto, l’arte e la scienza greco-romane e politicamente diffusa la ‘koiné’ ellenistica. Con l’espansione dai suoi centri cittadini di Alessandria, Antiochia e Pergamo fino all’India, nella dimensione oceanica del cosmo, la lingua e l’arte greco-ellenistica divennero portatrici del messaggio sincretico del Cristianesimo tra Occidente ed Oriente, ma anche dell’etica del paganesimo protagonista.
Le sue pagine rilevano e rincorrono, attraverso le immagini, il dio Hermes e il dio Dioniso “redentore”, il petaso alato e il petalo di loto nel simbolismo della corona e della corone di spine, nelle infinite personificazioni e immedesimazioni dei rispettivi monarchi nel culto, anche misterico e magico, della rappresentazione o, in altre parole, nel culto della personalità, che caratterizzò l’aspirazione ad un’unificazione territoriale di cittadini di un impero talmente vasto e denso di antagonismi, in cui ogni sovrano veniva assimilato a un dio, come un faraone.
Non è un caso che ad Alessandria d’Egitto visse Claudio Tolomeo, al quale si deve l’antica scienza del pianeta Terra e al quale risalgono tanto la geografia quanto il sistema tolemaico, l’odierno sistema solare, nella prime esposizioni in lingua greca dell’Almagest e della Geografia, non certo scevre da errori, ma che possano essere definite una scienza esatta del mondo antico, lo stesso dove dall’ottica geometrica presero avvio la prospettiva e le tecniche di rilievo del paesaggio terrestre e delle grandezze astronomiche, ma anche in cui erano sorte le piramidi.
Inutile dire che il libro di La Rocca, ricco di illustrazioni in parte inedite, segue un filo narrativo non solo originale, ma anche quasi inesplorato finora, che ha tracciato, attraverso la classificazione di tutte le tecniche artistiche, la trasmigrazione da un cultura all’altra di simboli e attributi, divini e regali. Sulla falsariga di un dizionario semiologico illimitato, di un vero e proprio ‘iconclass’, e sulla concretezza dei dati tiene alto il registro filosofico-politico di sistemi complessi, - opera iconologica consistente - ma soprattutto fino ad oggi, se considerati oltre l’ambito strettamente glottologico, spesso più che disparati, se non confusi, nella fluttuazione analitico-tecnologica di sondaggio dei materiali localmente impiegati, nel sostrato di classificazione cronologica.
La lettura appassionante dell’indagine metalinguistica ha un caposaldo nel mosaico della Casa di Aion (Fig.1) bel sito archeologico di Nea Paphos a Cipro, un testo artistico lacunoso e dibattuto, finora considerato portatore dell’antitesi tra paganesimo e cristianesimo in chiave egemonica. Mosaico sul quale l’autore con altri collaboratori, tra cui Luisa Musso, è pioneristicamente intervenuto negli anni a più riprese, discutendo l’esegesi di Wiktor E. Daszewski, che per primo lo ha interpretato, fino alle repliche di Marek Olzewski alla chiave salvifica della lettura dionisiaca, chiarendone fondamentalmente l’iconologia nel sito di Paphos in rapporto all’arte cristiana.
Non è possibile astrarre del tutto l’identificazione della scena del riquadro nel mosaico della Casa di Aion con il “Trionfo di Dioniso”, nella quale è rimasto visibile il carro - e ne è evidente la ricomposizione di alcune tessere in fase di restauro, in particolare quelle che designano il nome del dio oltre alla sua immagine del tutto perduta - dall’ecfrasi di due centauri del mito pagano arcaico, uno dei quali è Chirone. Al quale, attraverso la letteratura greca (Pindaro), oltre che alessandrina e latina, si deve l’educazione di molti fanciulli, tra i quali Asclepio, che nel riquadro, che si trova, nell'intero pavimento conservato, in basso a sinistra (Fig.1), porge un vassoio di frutta al suo maestro. Insieme ad Ercole e Achille, gli eroi che per definizione emancipavano la civiltà greca dall’era primordiale dei centauri, era affidata a Chirone l’educazione musicale, anche di Asclepio, al ditirambo dionisiaco, cui sembrano alludere gli altri riquadri del mosaico: il canto del cigno con Leda; Dioniso stesso, che ne è inventore, in braccio ad Hermes, argomento centrale del libro, dedicato all’epifania di Dioniso; il canto delle Sirene di Teti e Peleo nella scena centrale di Cassiopea; l’Apollo e Marsia nella gara musicale.
Il centauro con la lira del Trionfo di Dioniso sollecita, infatti, il parallelo a dipinti parietali pompeiani certamente più antichi e, in particolare, al ‘Centauro e giovane che suona la lira’ (MAN), provenienti dalla Villa di Cicerone a Pompei. Ma anche alla scultura, in marmo bigio morato, di Centauro (Fig.2) di Aristeas e Papias (Musei Capitolini) da Villa Adriana a Tivoli, che imbraccia la pelle di leone di Ercole ed ha una siringa (o zampogna) scolpita sul fusto che sostiene il cavallo.
Fig.2 - Aristeas e Papias, Centauro Nesso, marmo (Musei Capitolini, Roma).
Attributi che lo mostrano, per analogia, quale il centauro Nesso e la lira col plettro, vicino a Deianira, nel mosaico della casa di Aion, che raffigura Asclepio e Chirone nella dimensione onirica della danza di coribanti accanto al carro di Dioniso, seguito da Trofeo, o Sileno a cavallo dell’asino. La lira di Apollo trionfa nel riquadro a fianco con la personificazione di Plane (la Caduta) protagonista nella gara con Marsia. Nella sfera corale del mosaico pavimentale un’esaltazione dell’umiltà sulla viltà, dell’apoteosi sul polimorfismo, della virtù sull’evocazione, dell’ozio sull’ascesi: dalla noia alla gnosi l’etica dell’età tardoantica, fluttuante tra Occidente ed Oriente, tra trascendente e immanente e tra cristianesimo e paganesimo nella prima metà del IV secolo d.C.
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