
Il ministro di Stato per gli Affari delle Antichità, in Egitto, Zahi Hawass, sembra essere molto interessato alle nuove tecnologie, ma, come ha detto Ahram Online, il satellite a infrarossi è solo in grado di localizzare i resti sotto la sabbia, come risulta già da esperienze precedenti. E' quindi necessario, secondo Hawass, l'identificazione finale con ricerche archeologiche in loco. Dalle notizie sul web non è chiaro quanti siti sono stati analizzati dal team della University of Alabama. Sembra, però, che siano diverse realtà.
Oltre alle analisi con immagini ad infrarossi, sappiamo che esistono altre tecniche di telerilevamento che si stanno rivelando di estrema utilità in archeologia: tra questi abbiamo i sistemi di imaging SIR-C/X-SAR radar, che hanno onde che possono penetrare le nubi, e, a determinate condizioni, vegetazione, ghiaccio e sabbia asciutta. Un esempio di tale attività realizzata proprio in Egitto è la risultanza del progetto ESA HORUS, du cui su Archeomatica abbiamo riportato le prime risultanze.
Concludendo, come Zahi Hawass ha affermato, è necessario capire se effettivamente, le "anomalie" rivelate dal satellite sono resti archeologici, inoltre utilizzando satelliti come Cosmo Sky Med che lavorano in banda SAR e sono nati proprio per l'esplorazione del bacino del Mediterraneo, le probabilità di successo sicuramente aumentano.
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