Telerilevamento da UAS in archeologia. Metodologie e tecnologie emergenti nell’ultimo decennio, stato dell’arte e scenari futuri in un importante studio dell’Università e del Politecnico di Torino

Telerilevamento da UAS in archeologia. Metodologie e tecnologie emergenti nell’ultimo decennio, stato dell’arte e scenari futuri in un importante studio dell’Università e del Politecnico di Torino

Gli sviluppi scientifici e tecnologici che nell’ultimo decennio hanno portato a piattaforme aeree senza equipaggio UAS (Integrated Unmanned Aircraft System), con veicoli sempre più leggeri e potenti, con l’integrazione di sensori sempre più miniaturizzati, attivi e passivi, operanti a varie lunghezze d'onda, hanno reso accessibile, economico ed efficace il rilevamento a distanza ravvicinata e ad alta risoluzione anche in vari ambiti della ricerca archeologica, da quello prevalente della prospezione al monitoraggio e a molti altri ancora.

Mancava sino a oggi un quadro complessivo e una revisione sistematica su questi recentissimi progressi della ricerca.

Lo tracciano finalmente due studiosi rispettivamente dell’Università e del Politecnico di Torino, Efstathios Adamopoulos e Fulvio Rinaudo, in uno studio dal titolo “UAS-Based Archaeological Remote Sensing: Review, Meta-Analysis and State-of-the-Art” pubblicato open lo scorso agosto su Drones 2020 , 4 (3), 46 (https://doi.org/10.3390/drones4030046), journal fruibile sulla piattaforma MDPI.

Si tratta di una ricognizione completa e a scala globale degli approcci, emergenti e prevalenti, e delle tendenze nel telerilevamento da piattaforme UAS (Integrated Unmanned Aircraft System) in campo archeologico, riportati nella letteratura scientifica dell'ultimo decennio. Il lavoro contiene una rassegna dettagliata dell'attuale stato dell'arte su sensoristica (visibile, infrarosso, multispettrale, iper-spettrale, laser e sensori radar), piattaforme, parametri di navigazione, software e tecniche di post-elaborazione, produzione di dati e tanti altri aspetti. I due studiosi non mancano nella parte finale del loro lavoro di proporre suggerimenti per future linee di ricerca. Ne rimandiamo alla lettura per le tantissime, dettagliate e ricche informazioni che l’articolo fornisce anche mediante tabelle e grafici.

Il lavoro si basa su uno spolio approfondito e raffinato della letteratura scientifica in materia che copre gli ultimi nove anni, tra il 2012 e il 18 giugno 2020. Per individuare i contributi scientifici sull’argomento in prima battuta è stata utilizzata la piattaforma Google Scholar con una ricerca su una serie di parole chiave in 65 combinazioni fra loro. Questo primo raccolto è stato ulteriormente integrato attraverso la raccolta da diverse fonti comprese Scopus e ResearchGate. Una selezione operata dagli autori tra i record individuati ha escluso pubblicazioni che riportavano l'uso di immagini da UAS solamente come mezzo di documentazione complementare, senza alcuna elaborazione successiva o finalizzato alla realizzazione di 3d fotorealistici o infine non peer-reviewed. Alla fine il campo d’indagine si è ristretto a 68 contributi da parte di studiosi di tutto il mondo. Interessante la sede di pubblicazione. Gli studi sono apparsi in 36 diverse pubblicazioni o riviste. Innanzitutto le riviste riferibili all'International Society of Photogrammetry and Remote Sensing (International Archives of the Photogrammetry, Remote Sensing and Spatial Information Sciences , ISPRS Annals of Photogrammetry, Remote Sensing and Spatial Scienze dell'informazioneISPRS International Journal of Geo-Information) in cui sono apparsi 9 articoli. Quindi la rivista WILEY Archaeological Prospection con 8 articoli e il Journal of Archaeological Science: Reports di Elsevier che ha ospitato 5 articoli e che vanta il maggior numero di citazioni. Poi la rivista Remote Sensing su MDPI con 4 articoli. L’andamento temporale?  Aumenta costantemente ogni anno, dal 2012 fino al 2018, con la crescita massima registrata tra il 2017 e il 2018.

La  successiva meta-analisi dei contenuti è sfociata nella classificazione degli studi in quattro categorie corrispondenti ad altrettanti campi rappresentativi del telerilevamento archeologico: la “prospezione archeologica” (60 studi); la “visualizzazione storica del terreno” (18 ricerche); l’“Archeogeografia” (7 studi); il “Site monitoring” (4 indagini). Alcune ricerche sono rientrate in più campi. Di tutte le pubblicazioni prescelte sono stati catalogati i parametri fondamentali e caratterizzanti: titolo della pubblicazione, anno, numero di citazioni, categoria tematica, numero di sensori per tipo, numero totale di sensori, marca e modello del sensore, numero di piattaforme, tipo di piattaforma, marca e modello della piattaforma, modello del pilota automatico, sistema di navigazione, software di pianificazione del volo, tipo di risultati dell'elaborazione, risoluzione spaziale dei dati, tecniche di rilevamento aeree o satellitari complementari utilizzate e posizione geografica  dell'area di studio.

In base a questi parametri Adamopoulos e Rinaudo hanno condotto analisi esplorative finalizzate a determinare eventuali tendenze evidenti ed eventuali correlazioni tra piattaforme, sensori, tipologie di terreno archeologico, scenari applicativi e categorie di risultati ottenuti.

A questa meta-analisi gli autori hanno affiancato una ricognizione sullo stato dell'arte dei sensori e degli UAS pronti per il volo finalizzati al telerilevamento archeologico. Sono stati inclusi in questa indagine anche i sistemi aerei integrati fabbricati per altre applicazioni che sono risultati adeguatamente utilizzabili in archeologia senza ulteriori modifiche, principalmente per l'agricoltura di precisione e per l'ispezione e il monitoraggio delle infrastrutture.

La gamma di contesti archeologici che hanno visto l’utilizzo degli UAS e l’estensione geografica sono risultati entrambi ampi, con applicazioni principalmente in Europa e Nord America anche se non manca un insieme secondario nei paesi tropicali dell'America centrale e meridionale, L'Italia, sulla scia di una tradizione aerofotografica eminente per tutto il ‘900, è in testa alla classifica dei paesi in cui si sono svolti studi archeologici basati su UAS (12), seguita da Spagna (7), Stati Uniti d'America (7), Repubblica Ceca (6), Regno Unito (6) e Grecia (4). Interessanti e innovative anche le esperienze di continenti diversi come l’Oceania e l’Asia che però non sono state prese in considerazione in base ai criteri di scrematura adottati e per le finalità degli studi, limitati essenzialmente al catasto del patrimonio culturale.

Diamo solamente alcuni cenni sui risultati  dell’analisi svolta sulle pubblicazioni scientifiche riguardo alle piattaforme utilizzate, ai parametri di navigazione, ai sensori e ai casi segnalati di telerilevamento archeologico applicato e sui relativi prodotti di dati,  rimandando alla lettura dell’articolo per i dettagli. A riguardo emerge innanzitutto negli studi l’utilizzazione prevalente degli UAS multirotore (42 quadricotteri, 12 esacotteri e 14 ottocotteri), molto probabilmente per la più facile manovrabilità, maggiore stabilità e il rapporto ottimale dimensioni della piattaforma/carico utile. Solamente 27 studi hanno riportato l'uso di piattaforme ad ala fissa. (tra queste la senseFly eBee con posizionamento RTK, fotocamera SODA RGB da 20 MP, sensori multispettrali e termici opzionali, tempo di volo massimo di 50 m e un raggio di volo di 33 km, , in vendita a circa $25.000 USD). Tra le altre scelte si segnalano per diffusione i DJI Phantoms. Almeno il 70% degli UAS sono risultati pre-equipaggiati con un sistema di pilota automatico per il controllo della navigazione. La maggior parte degli studi (55) ha riportato l'uso di software di pianificazione del volo e solo 5 hanno riferito di aver eseguito voli manuali (frequentemente uso di MikroKopter, l'app Pix4Dcapture, senseFly eMotion e ArduPilot Mission Planner gratuito e open source). Abbastanza significativo è quanto emerge rispetto ai sensori, 56 studi hanno riportato l'utilizzo di più sensori e 12 studi hanno anche segnalato l'utilizzo di più piattaforme. Sono stati 10 gli studi che hanno utilizzato sensori LiDAR, 22 quelli telecamere nel vicino infrarosso (NIR), 31 telecamere a infrarossi termici (TIR), 26 telecamere multispettrali (MS) e un singolo studio ha utilizzato una telecamera iperspettrale (HS). Assolutamente prevalente (77%) l’uso di fotocamere RGB pre-equipaggiate o standard, con una preferenza per le Canon. Tutte le acquisizioni di dati NIR riportate sono state eseguite con fotocamere digitali commerciali modificate dal produttore della piattaforma UAS o dai ricercatori interessati (Canon PowerShot ELPH 110HS, PowerShot ELPH 300HS e PowerShot ELPH S110). La fotocamera MS più utilizzata è stata la Parrot Sequoia (11 studi). Per quanto riguarda i sensori TIR, sono state segnalate 16 termocamere prodotte da FLIR destinate all'integrazione UAS, ma senseFly thermoMAP si segnala come la soluzione più popolare. Tra le soluzioni LiDAR miniaturizzate, Riegl VUX-1UAV e Velodyne VLP-16 sono state le più utilizzate. L’attività post volo prevalente è stata quella di interpretazione delle ortofoto e dei relativi mosaici nello spettro visibile (68%) seguita dalla produzione di DSM (55%) utilizzando principalmente approcci Structure-from-Motion (SfM) e Multiple-View-Stereo (MVS). Gli studi hanno utilizzato in modo schiacciante la piattaforma software Pix4D come soluzione integrata per acquisizione dati (tramite l'applicazione mobile) e crezione di modelli digitali o ortofoto per succesive operazioni di classificazione e di analisi.

Ma qual è lo stato dell’arte e quali prospettive di sviluppo per gli approcci basati su UAS in generale nel settore della fotogrammetria e del telerilevamento e in particolare nelle applicazioni archeologiche? Il convincimento dei due studiosi è che l’innovazione nella miniaturizzazione dei sensori e dei software sia destinata a proseguire ed è quindi prevedibile che nei prossimi anni la ricerca archeologica si avvantaggerà  ancora di più dell’approccio basato su UAS. Dopo aver inizialmente utilizzato piattaforme destinate ad usi ricreativi e fotografici per passare poi a sistemi integrati specificamente orientati verso le applicazioni archeologiche la ricerca risulta sempre attenta e alla ricerca di soluzioni UAS approntate in altri campi come l'agricoltura di precisione e il monitoraggio delle strutture. La tendenza della ricerca archeologica  pare decisamente essere quella di andare oltre l'interpretazione visiva dei dati prodotti verso la rivelazione di caratteristiche precedentemente invisibili e non documentate. In ciò importante si è rivelata l'adozione di tecniche analitiche e di elaborazione consolidate dal rilevamento prima aereo e poi satellitare. Cresce nel contempo l’attenzione verso l'accuratezza spaziale e radiometrica e  verso la precisione dei risultati. In questo contesto sembrano essere preferite le soluzioni personalizzate. La sfida è quella dell’abbattimento dei costi per i prodotti ad alta risoluzione e alta precisione e su più lunghezze d'onda oggi ancora considerevoli.

Alla luce di queste considerazioni gli autori forniscono un quadro di alcune soluzioni integrate proponibili o riutilizzabili per indagini di telerilevamento archeologico.  Anche in questo caso per le specifiche si rimanda all’articolo e alle sue tabelle.

Per quanto riguarda le piattaforme indubbiamente fattori essenziali per il successo di una successo missione di telerilevamento sono la tipologia e la configurazione che condizionano in particolare il carico utile e la pianificazione del volo. I due studiosi ricordano come gli UAS ad ala fissa mantengano tuttora un chiaro vantaggio nei rilievi archeologici per la loro maggiore autonomia di volo, la maggiore stabilità, il maggiore controllo sui parametri di volo e sulla qualità dei dati raccolti rispetto ai veicoli ad ala rotante. Tuttavia, la concorrenza di questi ultimi è apprezzabile vantando questi ultimi una maggiore manovrabilità, la possibilità di carichi utili più pesanti e una maggiore personalizzazione, apprezzabile soprattutto ai fini dell’integrazione della sensoristica. I veicoli ad ala rotante sono più compatti, più facilmente trasportabili consentendo uno spiegamento più flessibile in aree che sarebbero inaccessibili con aeromobili ad ala fissa. Alla luce di queste considerazioni vengono segnalati alcuni telai multi-rotore convenzionali utilizzati in UAS personalizzati per applicazioni archeologiche: MK8-2500 di MikroKopter (8 rotori, dimensioni piegate 64 cm × 60 cm, carico utile massimo 2,5 kg) e MK8-3500 (8 rotori, carico utile massimo 3,5 kg) e Black Widow di VulcanUAV (4 rotori, carico utile massimo 4,6 kg) e Raven (configurazione 8 rotori-X8, carico utile massimo 10 kg).

Per quanto riguarda i sistemi di orientamento gli autori fanno presente la disponibilità oggi di ricevitori abilitati per RTK su diverse piattaforme commerciali e la diffusione sempre più comune del PPK per i sondaggi archeologici basati su UAS, suggerendo di rivedere le attuali capacità delle soluzioni di navigazione e di orientamento ibridi HMU e HNS per le operazioni di UAS presentando in una tabella le soluzioni integrate all'avanguardia.

La qualità dei set di dati acquisiti dipende fortemente dai sensori di bordo. Tra le novità degli ultimi anni certamente emergono i sensori LiDAR. La riduzione delle dimensioni e del prezzo, accompagnato dall’aumento crescente della qualità dei dati, li sta rendendo sempre più comuni per le indagini archeologiche basate su UAS. Attualmente Quanergy, Riegl e Velodyne dominano il mercato dei sensori LiDAR fabbricati per essere montati su UAS ( i loro prodotti sono inclusi nella stragrande maggioranza dei carichi utili integrati per la scansione). Anche in questo caso per le specifiche si rimanda alla tabella che presenta i sensori LiDAR leggeri disponibili sul mercato. 

Anche l’utilizzo delle telecamere nel vicino infrarosso e multispettrali può contribuire in modo significativo all’impiego degli UAS in archeologia. Proprio per questa ragione gli autori non mancano di esplorare varie soluzioni di sensori NIR. Come rivelato dalla meta-analisi, le fotocamere digitali Canon S110, modificate per l'imaging del rosso e del vicino infrarosso, sono le più frequentemente utilizzate negli ultimi dieci anni. Queste fotocamere sono attualmente in via di sostituzione da parte di vari modelli ad alta risoluzione, grazie alla più diffusa modifica delle fotocamere reflex digitali e compatte a obiettivo singolo (DSLR. Allo stesso tempo per l'imaging MS basato su UAS sono disponibili varie opzioni di telecamere leggere a bassa risoluzione. 

Per quanto riguarda infine le fotocamere iperspettrali per rilevare informazioni da più bande molto strette dello spettro elettromagnetico e per calcolare in maniera più accurata gli indici di vegetazione e del suolo i sensori di imaging HS sono stati costantemente miniaturizzati e possono essere attualmente montati su piattaforme UAS .  È opinione degli autori che questi sensori continueranno a svolgere un ruolo significativo nella prospezione archeologica basata su UAS e nella geoarcheologia.

Progressi sostanziali si segnalano negli ultimi anni anche per quanto riguarda le telecamere termiche. Gli imager LWIR leggeri e di piccole dimensioni, come quelli sviluppati da FLIR, introdotti per la prima volta in un contesto militare, stanno diventando sempre più comuni anche nelle applicazioni UAS di prospezione archeologica. 

Infine i Radar che penetrano nel terreno nel suolo (GPR), da anni presenti nella ricerca archeologica. Sebbene attualmente non ci siano soluzioni di carico utile integrate per la rivelazione basata su microonde trasmesse da UAS i due autori segnalano alcuni esperimenti finalizzati all’approntamento di sistemi personalizzati per applicazioni GPR non distruttive riportati in alcuni studi recenti.

Nelle considerazioni conclusive Adamopoulos e Rinaudo  sottolineano come nonostante il numero considerevole di lavori esaminati, le applicazioni di telerilevamento archeologico basate su UAS e, in particolare, quelle che si occupano degli spettri oltre il visibile per identificare variazioni di contrasto multispettrali, siano ancora scarse. Le cause? Probabilmente la tecnologia in questione ha raggiunto solo di recente un certo livello di maturità e le soluzioni ad alta risoluzione rimangono notevolmente costose. Tuttavia l'acquisizione e la produzione di dati sempre più accurate dal punto di vista metrico e radiometrico lasciano intravedere una prospettiva promettente. I due studiosi ricordano tuttavia che proprio gli aspetti di precisione e di accuratezza spaziale rimangono ancora non documentati in numerose indagini archeologiche. Si rendono pertanto necessarie per ottenere risultati ottimali da un lato una migliore formazione sui concetti metrici e dall’altro la collaborazioni tra archeologi ed esperti di geomatica. Non va infine dimenticato che “l'automazione nella rilevazione dei residui storici rimane un compito innegabilmente complesso e impegnativo a causa delle peculiari caratteristiche morfologiche, stratigrafiche, caratteristiche topografiche e archeologiche di ogni sito archeologico”.

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