Il Palazzo Grimaldi della Meridiana

Il Palazzo Grimaldi della Meridiana

Situato d’angolo su Piazza della Meridiana ai piedi della Salita S. Francesco a Castelletto, il Palazzo Grimaldi fa parte del complesso urbanistico dei Palazzi dei Rolli di Strada Nuova, le dimore nobiliari genovesi che avevano accesso alla pratica del sorteggio per alloggiare le legazioni diplomatiche asburgiche e di stati e potentati, vicini e lontani, che transitavano nel Porto di Genova. In poche parole, i palazzi delle famiglie che controllavano il credito bancario, i dazi, le flotte e il dominio della navigazione del Mar Mediterraneo fin dal sorgere della Repubblica di Genova ed il cui incremento finanziario tocco’ il suo apice nei secoli che seguirono la scoperta dell’America. Dopo un accurato restauro conservativo a partire dal 2004 il palazzo e’ stato riaperto dal mese di ottobre del 2010.

E’ all’età successiva alla scoperta delle Americhe che può farsi risalire la fondazione dell’architettura del palazzo, il cui piu’ consistente ampliamento e’ dovuto a Gerolamo Grimaldi e soprattutto a suo figlio Giovan Battista, tra i primi ad avvalersi a Genova di maestranze di artisti ticinesi sul modello del palazzo gentilizio sviluppatovi dal perugino Galeazzo Alessi e dell’operato degli architetti e pittori Luca Cambiaso e Giovan Battista Castello detto il Bergamasco. Ed e’ proprio attraverso gli affreschi frutto dell’incontro tra i due artisti per uno stesso committente, il Duca Grimaldi Oliva, sia all’interno che all’esterno dell’edificio, che quest’ultimo rivela le sue piu’ preziose testimonianze dell’integrazione prospettica fra architettura e pittura introdotta a Genova nel Cinquecento e che ne farà, per la sua prodigiosa espansione conseguente nel tessuto cittadino, una delle capitali del barocco.

L’affresco di Ulisse e Telemaco che saettano i Proci (fig.1) nel soffitto del Salone al Piano nobile di Palazzo della Meridiana e’ riferito senz’altro a Luca Cambiaso stesso da Raffaele Soprani nelle Vite de’ pittori, scoltori e architetti genovesi (Genova, Giuseppe Bottaro, 1674, p.43), che ne descrive dettagliatamente il teatro, precisandone la tecnica originale dello scorcio, differentemente elaborato dalla metodica della quadratura (o della cubatura), nella quale lo aveva esaltato maestro provetto Giovan Paolo Lomazzo.

Questi affreschi non possono essere considerati senza porli in relazione con il Palazzo Magnani a Bologna ed il Camerino Farnese a Roma dei Carracci, della cui robusta e movimentata complessione anatomica dei personaggi, definita piu’ che michelangiolesca, e della cui misurata compostezza il quadro riportato e venti lunette con Storie di Ulisse del soffitto di Cambiaso, tra pennacchi, peducci, telamoni, finte statue a monocromi bronzei, stucchi, finti stucchi e lo splendido fregio dello zoccolo a grisailles, talvolta riferiti alla collaborazione di Castello, costituisce lo studiato precedente. Architettura dipinta alla quale proprio l’Alessi avrebbe indirizzato Cambiaso, ridimensionandone, nella profondità prospettica suggerita dallo sfondato della volta, la stravagante e variegata grandiosita’ del disegno, che colloca la galleria tra i capolavori del tardomanierismo, preludio all’effetto scenografico nella tecnica mistilinea della pittura barocca. La proiezione delle ombre e lo studio della luminosità che caratterizzano la pittura ad olio di Cambiaso dominano l’affresco, ampliando e scolpendo illusivamente lo spazio architettonico.

Senza voler tralasciare anche il diretto riferimento a Lazzaro Calvi della volta con i Cavalli del Sole (fig.3) in un’altra Sala del Piano nobile del palazzo, preme sottolineare che, più che in ogni altro del complesso, risalta in quest’ultimo rilevante dipinto la stretta dipendenza dal soffitto con Giove che fulmina i Giganti di Perin del Vaga (fig.4) nella Sala omonima del Palazzo Doria genovese, assegnatogli da Giorgio Vasari nelle sue Vite. Il Fetonte di Calvi pure e’ annotato da Soprani, che vorrebbe tre dei massimi esponenti della pittura genovese ad affresco concentrarsi nell’opera di decorazione dell’intero palazzo nobiliare, conclusa dai Grimaldi nel primo quarto della seconda metà del Cinquecento.

 

Giovan battista Castello

Fig.2 - Giovan Battista Castello, Storie di Ercole, monocromo (Palazzo Grimaldi della Meridiana, Facciata Sud, Genova)

 

lazzaro Calvi

 Fig. 3 - Lazzaro Calvi, Il Carro di Fetonte (Palazzo Grimaldi della Meridiana, Genova)

 

Perin del Vaga 2

Fig.4 - Perin del Vaga, Giove fulmina i Giganti (Palazzo Doria, Genova)

Piu’ che l’inventiva straordinaria della Galleria Grimaldi di Cambiaso, esemplarmente suggestiva per la Galleria Farnese dei Carracci nell’olimpica commistione della tecnica pittorica che simula ogni altra arte sullo sfondo di paesaggio, non scevro dal vedutismo dei veneti, mirabile e’ il fregio con le Storie di Ercole (fig.2) della facciata Sud del palazzo, visibile dalla terrazza del giardino sulla Salita S. Francesco a Castelletto, che in gran parte e’ perduto. Ne sopravvivono quasi esclusivamente due riquadri monocromi con soggetti tratti dal Libro IX delle Metamorfosi d’Ovidio, in cui sono enumerate le Fatiche di Ercole, e che raffigurano gli episodi di Ercole e il Centauro Eurizione e di Ercole e l’Idra. Sono stati attribuiti ad Aurelio Busi, un pittore dell’Accademia romana di S. Luca che sembra certo dipingesse a Palazzo Te’ a Mantova con Giulio Romano e del quale inoltre e’ noto il fatto, squisitamente letterario, che venisse piu’ volte citato da Raffaele Soprani nel corpo delle sue Vite genovesi come Aurelio Busso. Ma un altro pittore, Luzio Romano, che secondo l’opinione di Vasari, espressa nella Vita di Perin del Vaga Bonaccorsi, lavoro’ a Genova, poté attrarre Castello all’uso della forma serpentinata nel disegno e alla tecnica dei dipinti a monocromo diffusa dai manieristi sulle facciate dei palazzi romani prima ancora del Sacco di Roma del 1527, in seguito al quale Perino fuggi’ da Roma a Genova. Il raro soggetto delle Storie di Ercole, che vede l’eroe raffigurato con Eurizione, compare originariamente nel repertorio del fregio di Baldassarre Peruzzi della Camera di Ercole al piano terreno della Villa Farnesina, riproponendo il nome di Giovan Battista Castello emergente per essersi formato a Roma sugli affreschi di Raffaello della villa e nello stesso Soprani per essersi affermato al fianco di Luca Cambiaso proprio nella decorazione di questo palazzo genovese.

I festoni di frutta e le teste di Medusa che sono intervallati alla maestosa decorazione a grottesche della volta della scalinata (fig.5, a, b) del palazzo corroborano l’ispirazione all’idea di Raffaello delle Logge di Psiche e di Galatea di Villa Farnesina di associare all’illustrazione della narrazione letteraria di Apuleio gli elementi naturali dei tralci e festoni di fiori e frutta dei sarcofagi antichi, che vi furono realizzati da Giovanni da Udine, e le riproduzioni dall’antico delle piu’ celebri statue greco-romane delle collezioni chigiane e capitoline. A ben vedere l’affresco di Castello della volta della scalinata serba, unicamente rimasto dopo l’intervento di restauro dell’atrio che si vuole ascritto a Gino Coppede’, con le vetrate del lucernario in stile Liberty e la stilizzazione delle volte dell’ambulacro, altri incomparabili dettagli zoomorfi, che lo firmano. Si tratta dei minuti particolari della volta a grottesche della scalinata che rappresentano, nella piu’ sottile e raffinata ragnatela di arabeschi intorno al riquadro con Apollo e Marsia, i piu’ microscopici insetti, farfalle e libellule, inframmezzati ad intere teorie di lumache spiraleggianti, che imitano i motivi plastico-figurativi della scultura e dei diademi romani. La memoria di Carlo Giuseppe Ratti dei taccuini di disegni di Castello, vere e proprie miniature degli animaletti degne dell’osservazione di un entomologo in campagna, prende luce dagli studi naturalistici che spiccano ancora con arguzia negli scomparti tra i “ghiribizzi” di questa volta. Ed e’ alle mirabili miniature da orafo di Castello che Giovan Battista Marino avra’ dedicato piu’ di un Capriccio de La Galeria nell’edizione di Ciotti del 1620, intitolati al Ragno, alla Farfalla, alla Mosca, alla Formica e perfino alla Zanzara fra le meraviglie dipinte dal nostro celebratissimo artista. I Capricci, che, senza localizzarli, erano ricordati anche da  Soprani, e che dall’atrio al piano terreno del palazzo dovevano dipanarsi lungo lo scalone al piano nobile con l’impareggiabile dovizia di tocco che vi si ammira tuttora nelle grottesche, sole rimaste a testimoniarne la singolarità cara a Marino.

Ed e’ alle Storie di Ercole di Castello (fig.2) nella facciata Sud di Palazzo Grimaldi che guardava ancora l’apparato decorativo della Grotta (figg.6, 7 e 8) nelle mezzarie di Palazzo Rosso, riscoperta nell’intervento di restauro che si e’ appena chiuso, il mese scorso: il piccolo appartamento al mezzanino del palazzo di Anton Giulio Brignole Sale nella modernita’ della sua misura ridotta, ma degno di competere con la reggia di Fontainebleau per la magnificenza degli affreschi, che Giovan Battista Gaulli, detto il Baciccio, al primordio dove’ trarre dai cartoni genovesi di Perin del Vaga. Sotto un cielo con Scherzi di Amorini, alle pareti dello Studiolo, tra cornici a finto stucco e stucchi che simulano una caverna, originale ‘rocaille’, si snodano il Giudizio di Paride (fig.6) e, sulle ante di due stipetti, finti bassorilievi a monocromo con Paride che rapisce Elena (fig.7), che piu’ di un sentore ha della grazia narrativa dell’omonimo soggetto di Guido Reni (Louvre), e l’altro con il Ratto delle figlie di Leucippo (fig.8). Durevole felicità internazionale della rinascita a Palazzo Grimaldi della pittura genovese che ora e’ possibile ammirare con la flagranza di un tesoro nascosto.

Volta della scala 1

volta della scala 2

Fig.5 a, b - Giovan Battista Castello, Grottesche della volta della scalinata (Palazzo Grimaldi della Meridiana, Genova)

 

Giovan Battista Gaulli

Fig. 6 - Giovan Battista Gaulli, il Giudizio di Paride (Palazzo Rosso, Appartamento Brignole Sale, Genova)

 

 Giovan Battista Gaulli 2

Giovan Battista Gaulli 4

Fig. 7 e 8 - Giovan Battista Gaulli, Paride rapisce Elena e Il Ratto delle figlie di Leucippo, monocromo (Palazzo Rosso, Appartamento Brignole Sale, Genova)

 


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