Bioingegneria in Siria e nella Mesopotamia di 4.500 anni fa: il kunga

Bioingegneria in Siria e nella Mesopotamia di 4.500 anni fa: il kunga

I cavalli dovevano ancora fare la loro comparsa in Siria e nella Mesopotamia settentrionale, tra Tigri ed Eufrate, ma non per questo 4.500 anni fa mancavano altri equidi che potessero essere utilizzati nelle battaglie e nelle tante attività economiche a partire da quelle agricole. C’era in particolare il kunga a tirare in battaglia i carri a quattro ruote, facendo la differenza in guerra ma utilizzato anche nella diplomazia, nelle cerimonie e come dote. Era un ibrido intenzionalmente prodotto dalle società siro-mesopotamiche.

Da tempo si sospettava che questi animali di grandi dimensioni, menzionati nelle iscrizioni cuneiformi (la tavoletta cuneiforme BM 23836, conservata al British Museum di Londra é una di queste), raffigurati nell’iconografia (il celebre settile smaltato noto come “stendardo di ‘Ur”, al British Museum, prima raffigurazione di una spedizione militare nella storia umana) e ritrovati in ricche tombe signorili fossero ibridi nati dall’incrocio di due specie diverse e dotati di attributi di entrambe. Gli archeologi, proprio grazie all'analisi morfometrica degli scheletri, erano certi che si trattasse di equidi, ma i loro parametri non si adattavano alle misure degli asini conosciuti e specificatamente a quelle degli asini selvatici siriani. Certamente diversi, senza che ci fosse chiarezza sulle differenza e sulla classificazione tassonomica precisa di questo animale, erano oggetto pertanto di controversie irrisolte tra gli studiosi per decenni. I denti degli animali mostravano inoltre segni di usura da imbracature e da nutrizione controllata da parte dell’uomo. Quindi ibridi allevati, ma ne mancavano le prove.

Ora un team internazionale di ricercatori, coordinato da Thierry Grange dell’Institut Jacques Monod del CNRS/Université de Paris Diderot (E. Andrew Bennett,Jill Weber, Wejden Bendhafer, Sophie Champlot, Joris Peters, Glenn M. Schwartz, Eva-Maria Geigl), ha pubblicato sul numero 8 vol. 2 del 14 gennaio di Science Advances, in uno studio dal titolo “The genetic identity of the earliest human-made hybrid animals, the kungas of Syro-Mesopotamia”, i risultati di un decennio di ricerche e di analisi genetiche sui genomi di reperti ossei animali.

I reperti ossei analizzati provengono più precisamente dagli scavi condotti da Jill Weber, archeologa dell'Università della Pennsylvania, nel complesso funerario principesco di Tell Umm el-Marra, e risalgono a 4 500 anni fa. Inoltre il team di Grange ha analizzato i resti di un equino trovati nel tempio risalente a 11.000 anni fa di, Göbekli Tepe, nel sud-est dell’attuale Turchia, e quelli di due degli ultimi esemplari di asini selvatici siriani, estintisi all’inizio del XX secolo, conservati al Museo di Storia Naturale di Vienna. Una ricerca non facile che ha dovuto affrontare e superare numerosi problemi, innanzitutto il pessimo stato di conservazione delle ossa e del DNA a causa del clima caldo in Siria, grazie all’utilizzazione di una varietà di tecnologie e con vari accorgimenti nell’estrazione, amplificazione e combinazione del sequenziamento del DNA antico.

I risultati genomici delle sepolture di equidi presso il complesso funerario d'élite di Umm el-Marra hanno confermato che si tratta di ibridi di prima generazione da femmine di asino domestico (Equus africanus asinus) e da  maschi di asino selvatico (Equus hemionus hemippus)  quest'ultimo rispetto a asini e cavalli conosciuti molto più veloce, forte e testardo. La loro sepoltura in tombe di alto rango, induce a identificarli con i preziosi kunga frequentemente menzionati nei testi cuneiformi e raffigurati in immagini e sigilli reali in tutta la Mesopotamia. Essendo i kunga sterili e gli emioni selvatici per il loro incrocio era necessaria la cattura di un asino selvatico siriano (conosciamo un esempio dell’operazione da un bassorilievo assiro di Ninive). Una cosa che non era semplice come la successiva tenuta in cattività dato il temperamento aggressivo, poco gestibile e poco domesticabile. Queste difficoltà rendevano il costo dei kunga molto elevato ma il risultato era notevole: una creatura molto potente, robusta e veloce in particolare capace di trainare carri da guerra. Il primo esempio conosciuto di ibrido di due specie ingegnerizzato con intenzioni chiare dall'uomo  e del suo allevamento ben oltre i tradizionali processi di addomesticamento degli animali conosciuti.

Usato in guerra ma anche un equide molto prestigioso e di grande valore, uno status symbol,. Ce lo dicono gli antichi testi delle popolazioni mesopotamiche, che descrivono i kunga come animali pregiati tanto da costituire un lusso costoso (sei volte il prezzo di un asino). Dopo svariati secoli i cavalli, alla fine del terzo millennio a.C., importati nella regione dalla steppa del Ponto, però soppiantarono i kunga grazie alla maggiore facilità di allevamento e di riproduzione. Quella della domesticazione del cavallo è stata certamente una delle svolte epocali nella storia dell’umanità sotto tantissimi aspetti ed è un'altra storia affascinante.


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