Gli Egizi diedero vita al primo colore di origine inorganica della storia, vale a dire il “blu egizio”, chiamato così proprio in onore del popolo che lo inventò nell'orizzonte del Mediterraneo, ma che ebbe grande diffusione e ampio utilizzo anche presso altre civiltà, quali gli Etruschi, i Greci e i Romani. Soprattutto grazie ai Romani siamo a conoscenza di alcuni dettagli importanti: infatti, all’interno del “De Architectura” di Vitruvio, in cui il 'blu egizio' viene chiamato caeruleum, vi è la descrizione del procedimento e gli ingredienti per prepararlo.
Questo particolare pigmento dal colore blu intenso ha un discreto potere coprente ed è, nella sua composizione chimica, un doppio silicato di rame e calcio ottenuto dal riscaldamento della silice, malachite, carbonato di calcio e carbonato di sodio. In passato vi erano sicuramente svariati modi per comporlo, ma con il finire dell’epoca romana il blu 'egizio' sarebbe caduto in disuso. Si pensa che questo pigmento sia stato riportato in auge grazie alla riscoperta e rivalutazione delle culture antiche, in parte tecnicamente recuperata anche dal Libro dell'arte di Cennino Cennini, in un'epoca in cui la conoscenza delle miniere di lapislazzolo afgane era stata ampiamente divulgata dal Milione di Marco Polo.
La passione di Raffaello per il mondo classico, unita al suo genio creativo, lo portarono ad approfondire le tecniche pittoriche antiche, prendendo nuovamente in considerazione anche la preziosa composizione che la storia avrà tassonomicamente dimenticato quasi del tutto. Il grande pittore scelse di utilizzare questo particolare pigmento blu per dipingere il cielo, il mare e gli occhi di Galatea nell’affresco raffigurante “Il Trionfo di Galatea”, che tutt’oggi possiamo osservare all’interno di Villa Farnesina a Roma. L'iconografia marina della scena ha fatto desumere che la scelta del 'blu egizio' sia stata fatta intenzionalmente da Raffaello, il quale vi usa una tecnica pittorica ritrovata, che ben si colloca nella narrazione della mitografia ovidiana. Fino ad oggi gli studiosi del genio di Raffaello conoscevano la sua passione per l’antico principalmente attraverso testimonianze documentali, mentre ora sappiamo che egli decise di avvicinarsi al mondo classico proprio con l’uso dei colori, esaltandone la materialità e la tecnica, come è perfettamente testimoniato anche dall'uso del cinabro.
Il collegamento diretto dell’artista è ben riuscito: dal periodo antico, da Vitruvio e i Romani in particolare, si crea un ponte che termina alla soglia del secondo decennio del Cinquecento: il 1512, l'anno in cui Raffaello attese anche alla Loggia di Galatea. Tutto ciò è stato indagato non isolatamente dal Laboratorio di Diagnostica per i Beni Culturali di Spoleto, incaricato dall’Accademia Nazionale dei Lincei di analizzare l’affresco tramite le più aggiornate strumentazioni diagnostiche portatili e non invasive applicate in Italia.
Le analisi fatte dal Laboratorio sull’affresco di Villa Farnesina sono state effettuate da Michela Azzarelli e Manuela Vagnini, all’interno del gruppo coordinato dall’accademico Antonio Sgamellotti e composto da Claudio Seccaroni (ENEA), Chiara Anselmi (IRET-CNR), Roberto Alberti, Tommaso Frizzi (XGLab-Bruker). Dopo quasi un anno di sospensione dei lavori, il Laboratorio di Diagnostica per i Beni Culturali di Spoleto ha ripreso l’attività con interventi su progetti nazionali e anche internazionali, di apertura verso il territorio umbro e non solo. Il fine ultimo del LABDIA (acronimo del Laboratorio) è quello di sostenere attività di tutela e di ricerca, salvaguardando il patrimonio artistico e monumentale italiano, con particolare attenzione al territorio regionale, avvalendosi della collaborazione con la comunità scientifica umbra.
La mappatura della spettrometria a fluorescenza a Raggi X (XRF), come reso noto dall'ICR (2012), ha evidenziato nell'affresco della Galatea l'assenza di pigmento giallo costituito da antimoniato di piombo, riscontrato nell'altro affresco della Loggia di Amore e Psiche di Villa Farnesina. L'annuncio dell'Istituto dell'avvio, il 29 gennaio del 2021, di un restauro delle candelabre delle paraste e delle altre partiture decorative delle pareti della Sala di Galatea potrà avvalersi di queste indagini non invasive a confronto delle zone colorimetricamente meno appariscenti della sala. E' stato da tempo storicamente rilevato il progresso della tecnica estrattiva dell'allume di rocca, del lapislazzulo e della crisocolla, di cui aveva parlato anche Plinio Seniore, dalle miniere della Tolfa scoperte alla metà del Quattrocento. La torba proveniente dalla Tolfa veniva impiegata nelle Fornaci sul Gianicolo, che Baldassarre Peruzzi dipingerà nel panorama di una delle pareti della Sala delle Prospettive della villa. La scienza dall'antico di Villa Farnesina e del suo mecenate Agostino Chigi ricercava con i colori sperimentati da Raffaello nel crogiuolo sulla sponda del 'biondo' Tevere, non solo l'oro, ma probabilmente anche il 'luteum', l'alboreo lucido mercurino della memoria pliniana.
Fonte: ( Due Mondi News )
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