Tecnologia, cultura e memoria si incontrano nel cuore della città lombarda
Nel suggestivo Monastero di Sant’Agostino, studiosi da tutto il mondo hanno esplorato il futuro della conservazione del patrimonio culturale: tra digital twin dinamici, sensori intelligenti e metrologia d’arte, il convegno internazionale ridefinisce il ruolo della misura come infrastruttura della conoscenza.
Per tre giorni, dal 15 al 17 ottobre, Bergamo ospita il cuore pulsante della ricerca scientifica applicata al patrimonio culturale. Nella cornice austera del Monastero di Sant’Agostino, MetroArchaeo 2025 ha confermato di essere ben più di un semplice convegno: è un laboratorio globale dove scienza dei materiali, archeologia e tecnologie digitali si fondono in un linguaggio comune. Promosso dal Technical Committee TC-26 dell’IMEKO, in collaborazione con l’Università di Bergamo e l’ISPC-CNR, l’incontro ha attirato studiosi da oltre venti Paesi. Il tema non lascia spazio a fraintendimenti: misurare il passato per progettare il futuro, con strumenti sempre più precisi, sostenibili e interoperabili. La misura come infrastruttura culturale È un cambio di paradigma che si va consolidando: la metrologia non è più il backstage tecnico delle discipline del restauro o della diagnostica. È diventata la spina dorsale epistemologica della heritage science, la chiave per garantire tracciabilità, riproducibilità e qualità del dato culturale. E in un’epoca in cui ogni monumento è anche un gemello digitale, ogni restauro una catena di dati, questa precisione conta più che mai. Tecnologie emergenti che riscrivono le regole Tra le innovazioni più promettenti presentate a Bergamo spiccano i sistemi LiDAR multisorgente, capaci di combinare visibile, infrarosso e UV per ricostruzioni 3D ad altissima risoluzione, anche in condizioni ambientali critiche. Accanto a questi, scanner iperspettrali portatili — sempre più leggeri, sempre più intelligenti grazie al machine learning — stanno trasformando la diagnostica sul campo. Ma è nel terreno dell’“internet of heritage things” che si gioca una delle partite più interessanti: sensori wireless e reti IoT permettono oggi un monitoraggio ambientale continuo di musei e siti archeologici, aprendo scenari nuovi per la manutenzione predittiva e la conservazione preventiva. I digital twin, divenuti dinamici, connettono in tempo reale modelli geometrici, dati climatici e parametri strutturali. Un salto quantico nella gestione programmata del patrimonio. Non meno significativa è l’adozione di algoritmi di deep learning capaci di correlare dati di degrado con condizioni ambientali, anticipando interventi prima che il danno emerga. Oltre la tecnica: la cultura del dato Al centro del dibattito non c'è solo la tecnologia, ma l’etica e l’architettura della conoscenza. Si è discusso di standard FAIR, di open data, di blockchain per la tracciabilità dei processi di restauro: strumenti per rendere i dati culturali non solo affidabili, ma condivisi, riutilizzabili, vivi. Il dato non è più solo una misurazione, è una forma di patrimonio in sé. E la metrologia digitale si candida a essere l’infrastruttura culturale su cui edificare il futuro. Una comunità scientifica in espansione Dalle nanotecnologie presentate da Anna Angelats per il monitoraggio inquinanti nelle sale museali, alla “metrologia d’arte” teorizzata da Francesco Marseglia per legare precisione numerica e valore estetico, fino ai modelli digitali integrati illustrati da Gabriele Tucci, il convegno ha restituito l’immagine di una disciplina matura, solida, capace di orientare le scelte della conservazione contemporanea. A sostegno, una rete internazionale compatta: università, centri CNR, politecnici e istituti europei collaborano sempre più su protocolli comuni, interoperabilità tra laboratori e tracciabilità dei processi. Il futuro è già patrimonio MetroArchaeo 2025 ha dimostrato che la metrologia non è più una nicchia accademica. È il fondamento tecnico e culturale di una nuova stagione del sapere. Dove il patrimonio non è solo da custodire, ma da comprendere, misurare, connettere. In un’alleanza tra scienza e memoria che, oggi più che mai, appare urgente e necessaria.

