Pubblicati dopo un decennio i dettagli delle analisi condotte durante il restauro sul dipinto per chiarire materiali e tecniche pittoriche ma la controversia sull'attribuzione e i tanti misteri intorno all'opera continuano.
Per molti studiosi il Salvator Mundi, un dipinto a olio su tavola di noce, formato 66 x 46 cm, riportato a splendore dalla restauratrice Dianne Dwyer Modestini tra il 2007 e il 2011, è certamente un capolavoro di Leonardo da Vinci. Uno dei venti dipinti di Leonardo sopravvissuti ai secoli e pervenuto sino a noi. La datazione proposta lo colloca tra il 1490 e il 1519, anno della morte di Leonardo. Un dipinto cui ricondurrebbe un'incisione senza titolo, dove si legge: 'Leonardus da Vinci pinxit', riferita a un secondo stato di Wenceslaus Hollar e datata 1650.
La raffigurazione di Gesù Cristo in abiti rinascimentali, è quella di "Gesù salvatore del mondo e signore del cosmo". Raffigurato frontalmente, a mezza figura, mentre leva la mano destra per benedire. Quel che è sicuro è che dal dipinto si emana una sensazione, questa sì definibile leonardesca, che insieme rimanda al mistero, all'enigma, alla bellezza, a un Dio che si propone all'uomo pur nella potenza con mitezza. Secondo Maurizio Bernardelli Curuz “ non è un re, che tiene in pugno il Creato e l'umanità, ma un padre e un fratello generoso. Ha perso l'atteggiamento maestoso e severo; non ha trono”.
Per molti altri invece le cose non starebbero proprio così, nel contesto di una riuscita e sofisticata operazione di marketing artistico si tratterebbe piuttosto di una copia o di un dipinto di altro autore, al limite un'opera che può essere stata concepita da Leonardo ma eseguita in bottega da suoi allievi.